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A Ivry-sur-Seine, Kankadub conquista Parigi

Parigi, Hangar 94. La République fa la fila per Kanka dub.

Parigi. Anzi, no. Ivry-sur-Seine. Sobborgo a sud della capitale, che sonnecchia sulla Senna, appena dopo l’isterico periph’ (il boulevard che corre intorno a Parigi, ndr). Una manciata di palazzi, pochi ristoranti che sopravvivono grazie alle imprese che hanno il loro quartier generale in periferia, qualche discreta boulangerie, il centro commerciale e, inevitabilmente, una vita notturna pari a zero.

Le Hangar, piccola sala concerti alle spalle dell’elegante facciata della mairie, al civico 5 di rue Raspail, ha aperto i battenti nel novembre 2007, proprio a Ivry centre-ville, nel cuore della piccola cittadina, con una programmazione musicale decisamente orientata verso le performance soul, groove e afrobeat, con concerti di altissima qualità, tanto da persuadere i parigini più snob ad attraversare l’invalicabile frontiera e passare il sabato sera nella banlieue. Le Hangar, il cui nome completo è Le Hangar 94, inizio del codice postale di Ivry, quasi a sottolineare la distanza con il 75 della vicina Parigi, conta 300 posti, con un angolo bar curato, in fondo alla sala, e dietro la porta accanto uno studio di registrazione e anche una sala prove, nello spazio chiamato Le Tremplin.

Ore 20. Sabato 13 ottobre. Aver vissuto un anno a Parigi significa anche contare su chi ti porta a un concerto in macchina, risparmiandoti la pena della RER, evitabilissimo treno urbano, soprattutto quando piove. Così, nel mio primo sabato nella capitale, lascio una Parigi più che mai grigia e faccio ritorno nel posto in cui ho lavorato per sei mesi, insieme a Nathalie, conosciuta proprio negli uffici, sì spaziosi e internazionali, ma di una delle aziende più improbabili d’Europa. Parcheggiamo a pochi metri dalla sala e attraversiamo il cancello.

Le Hangar brulica di persone. Non solo banlieusard. Ma anche i ben noti parigini della Rive Droite, basco in testa (sì, si usa ancora), tabacco in mano e giovani francesi spigliate con le pinze da casalinga tra i capelli per intenderci, tutti a Ivry per il concerto di Kanka dub, artista francese, polistrumentista e virtuoso del dub.

A sala semi-completa, aprono il concerto i Dubamix, con quasi un’ora di dub engagé e militante, che galvanizza la platea, dalla quale si staccano ogni tanto improbabili invocazioni all’anarchia e appelli alla rivoluzione. Oui, c’est la République. Sullo sfondo scorrono video e immagini e un rosario di melensi stereotipi parigini, dalla cupola di Montmartre alle ciliegie dietro l’orecchio della piccola Amélie Poulain, dalla Tour Eiffel al grugno di Sarkozy, mentre i tre continuano a gridare contro il marketing e a mettere sull’attenti i giovani francesi, perché continuino a diffidare del governo Hollande. (Per immaginare l'atmosfera, sul loro sito, da bravi artisti impegnati contro le leggi del profitto, ogni traccia è scaricabile gratuitamente).

La platea continua a dondolare, post-adolescenti e bobo muovono il collo al ritmo della dub, come per annuire, mentre il leader del gruppo mescola l'elettronica a lunghi assoli di sax e diamonica. I tre lasciano un pubblico eccitato e ormai deciso a non lasciarsi circuire dalle false promesse e dagli ideali socialisti della gauche française. E anche io, nonostante non sia una fille de la République, né mai lo sarò per natura e vocazione, mi convinco a lasciar perdere le illusioni di una douce France, che non esiste più, e di una Parigi dove trovare casa è una lotta all’ultimo annuncio e vivere diventa sempre più difficile. Ma, c'est le week-end, ogni francese che si rispetti ha il dovere di divertirsi e di essere spensierato. Così, mentre i Dubamix salutano il pubblico, la sala si svuota. Per tornare a riempirsi ancora di più, dopo mezz’ora, con l’arrivo sul palco di Kanka dub.

Kanka è un artista francese, classe 1977, ed esordisce a vent’anni nella formazione Re Riddim. Poli-strumentista del reggae, suona tastiera, basso, batteria, percussioni e macchine. Il primo album, auto-prodotto e mai distribuito, “Every Night’s Dub”, finisce per caso nel giradischi dell’etichetta parigina Hammerbass, che lo lancia sul mercato nazionale, già forte di collaborazioni con altre crew come Le Peuple de l’Herbe, Manasseh, Zenzile. “Don’t Stop Dub”, uscito nel 2005, più che un album, è un manifesto della musica di Kanka, che sfocia sempre più spesso nella pura elettronica, con un ritmo sostenuto e incalzante, che tradisce inflessioni inglesi e giamaicane.

È la prima volta in assoluto che ascolto la sua musica ma Kanka si dimostra travolgente. Infila l’una dietro l’altra tracce celebri, salutate da un coro di fischi e urla, e nuovi singoli. La sala è piena e quasi tutti hanno gli occhi chiusi e dondolano, come dub oblige, nei fasci di luce a intermittenza dei faretti e nei fumi della birra (quella, a onor di cronaca, non di ottima qualità). Kanka allunga gli assoli di basso, trascina il remix e poi esplode con un giro di elettronica che scoppia nella platea ad ogni nuova traccia. La consolle non si ferma, i bassi sono davvero pachidermici, come prometteva la pubblicità, e Kanka suona per un'ora e mezzo senza fermarsi. Warrior style, così hanno scritto. Sembra chiaro il perché.

Ore 24. Il concerto è finito. E noi stiamo per tornare a casa, con un nuovo bon adresse in tasca. Le Hangar ha registrato il tutto esaurito con la performance di Kanka, entrando a pieno titolo nella lista dei place to be di Parigi. Pardon, Ivry-sur-Seine.

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