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Moro

Recensione di Silent Revolution

Di Andrea Fiorito

Silent Revolution è l’ultimo lavoro discografico di Moro, nome d'arte di Massimiliano Morini, da Forlì, classe 1972.

Un bel disco quello di Moro, con dodici canzoni che rincorrono sonorità acustiche dei cantautori anni '60. Un pop-folk-rock accompagnato sempre da una chitarra acustica e da arrangiamenti davvero interessanti che passano da dei leggerissimi archi (Some by time) alle chitarre elettriche (Ordinary Days) senza che ve ne rendiate conto.

Dodici canzoni che rincorrono la grazia acustica dei primi Wilco e che vi faranno ricordare un Donovan con meno psichedelia. Grande nota di merito la lingua. Non per difendere i cantautori che cantano in inglese, ma quello di Moro è davvero un inglese fluente, che scorre veloce e comprensibile a tutti nonostante la sua precisione nella pronuncia.

"I motivi conduttori dell’album sono l’amore e l’odio, oltre alla paura dell’invecchiamento e della morte.Una storia d’amore che finisce (My new love e Lie to me), la scomparsa di un amico e la consapevolezza che la prima persona della tua generazione se n’è andata per sempre (No clue), le recriminazioni e il senso di colpa che prendono il sopravvento su tutto quello che c’è stato di bello (Love & understanding) sono solo alcuni dei temi che affiorano durante l’ascolto di Silent Revolution."

Silent revolution è la canzone che da il nome all'album, ed è il mio pezzo preferito. Nonostante sia solo la terza traccia smorza un pò i toni più introspettivi che troverete nel resto del disco, per poi ritornare con forza sulle chitarre elettriche della decima traccia Spike - Milligan.

Un bel dico e una bella scoperta quella di Moro. Consigliato per i viaggi in macchina, o se vi piace sentirvi protagonisti di un ipotetico film mentre viaggiate in treno questo disco può fare al vostro caso.

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