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Viavai porta l'arte pubblica in provincia di Lecce

 

Il fenomeno dell'arte pubblica sbocciato in provincia di Lecce

di Chiara Santantonio

le foto sono di Matteo Bandiello

Racale era fin qualche anno fa conosciuta come "città delle calze" (dicitura riportata sui cartelli di benvenuto agli ingressi del paese a testimonianza dell'ormai decaduta economia del calzino): se non per qualche fatto di quotidiana provincia difficilmente s'è fatta notare.
Una leggenda narra che San Nicola Pellegrino andò via da questa cittadina dopo essere stato bistrattato dai suoi abitanti, chiamandola "terra di carote", epiteto evoluto poi popolarmente in "terra dei pazzi".

Ultimamente, però, si sono susseguite alcune occasioni per le quali Racale potesse conseguire nuove didascalie da affiancare al proprio nome. Una di queste "occasioni" è Viavai, un progetto di life and art experience che semina arte pubblica dal nulla e avvia una coltura sociale che, in un posto a vocazione agricola-produttiva-turistica (è un discorso lungo), ha colto tutti di sorpresa.
Senza che il terreno fosse preparato, senza sapere che tempo potesse venire, i tre ragazzi del posto che hanno messo su l'iniziativa hanno permesso una fioritura di dipinti per le strade: da Febbraio la comunità si sveglia, una volta a settimana circa, con una novità in paese. Ciò ha rotto quel provincialismo di cui si soffriva tacitamente, indifferentemente ed ha fatto parlare le persone, le ha fatte andare in posti del proprio paese che avevano dimenticato o alla cui condizione si erano assuefatti, le ha fatte scontrare, indignare e incantare.

E così il "viavai" non è stato solo di artisti: Matteo Bandiello (diplomato in fotografia allo IED), Biagio Villa (studente di scienze politiche) e Niccolò Fortunato (serigrafo) erano partiti da questo concetto quando hanno cominciato a sviluppare l'idea. Doveva trattarsi di un'immersione nel luogo con le persone che lo abitano e i suoi paesaggi, le sue bellezze e i suoi disagi. Hanno quindi chiamato decine di artisti da tutto il mondo, offrendogli ospitalità e facendosi carico dell'intera organizzazione del lavoro: hanno trattato con i cittadini perché gli affidassero facciate e muri, hanno accolto i writers e li hanno fatti vivere a stretto contatto con la comunità e i suoi "fenomeni", hanno imbastito un laboratorio di serigrafia e immolato alla causa un vecchio frantoio nel centro del paese. L'obiettivo finale è quello di avere una galleria a cielo aperto che ad Agosto sarà ultimata e visitabile nella sua interezza, una vetrina diffusa attraverso la quale gli artisti si fanno conoscere parlando dai luoghi che abitiamo.

Alcune opere manifestano questo (seppur fugace) rapporto col territorio in modo evidente, per esempio il discusso S.Sebastiano di Ozmo, e il lupo emulato di Basik (la lupa è simbolo del paese), le olive di Pastel e Gaia; altre lo allegorizzano, come per i murali nel deposito abbandonato di petroli Marzano, nelle campagne tra Taviano e Racale, o all'ex tiro a volo a Torre Suda (riuniscono Tellas, Funkyhorrorvacui, Alfano, Alberonero): interventi che "agiscono in modo diretto sulla materia della città mettendo in crisi i margini consolidati della sua struttura e parte della sua neutralità" (*)

"l'atto di dipingere per strada nasce con un intento sovversivo, carico di profonda quanto fresca, quasi adolescenziale, critica alla società e alla proprietà privata" (*) 
Ho visto tecnici e aspiranti tecnici arrovellarsi per "creare luoghi", "far nascere attività", "stimolare funzioni", "modellare la città". Io stessa aspirerei a diventare una di essi. In questo caso i loro studi e la loro esperienza non è valsa quanto una semplice, reattiva pennellata.

"[...] trovarsi a tu per tu con la tua città e decidere, senza doppi fini. Agire. Riappropriarti dei suoi spazi è un antidoto contro la città contenitore dove lavori, produci e di conseguenza crepi."

Questa affermazione di 2501 (streetartist milanese) potrebbe tranquillamente essere il manifesto d'evocata rigenerazione urbana di questi anni. Ci siamo affidati agli architetti perchè essi facessero delle periferie che abitiamo dei posti "nostri": ma se deleghiamo la progettazione e la costruzione di quello che alla fine è il solito lastricato anonimo senza nemmeno un albero che faccia ombra come pretendiamo di mandare avanti un senso di appartenenza al nostro territorio?

Viavai ha favorito il rinnovamento dei rapporti tra i luoghi e la comunità che li abita, tra la comunità e gli individui che la compongono: si provi a pensare a cosa si sono detti i proprietari dei muri e la gente che non ha gradito l'apparizione o il presunto significato dei murali o chi al contrario ne è stato entusiasta: un processo naturale di discussione riguardo l'arte, la civiltà ma sopratutto un processo naturale di restituzione di questi "non luoghi" alla fruizione pubblica. Le opere attirano tantissime persone tra gente locale, vicini, turisti, interessati, scettici, critici etc: hanno dato motivo per passare una giornata intera a girarsi Racale e Torre Suda (per altro a piedi o in bici, vista la difficoltà di raggiungere alcuni posti in macchina), hanno ravvicinato i racalini, ravvivato le loro strade e, ciò che spero, allargato i loro orizzonti.

Io ho eletto come mio murale preferito quello di Tellas: un gigante groviglio nel quale si scontrano una massa di figure organiche azzurre contornate di nero con una rete di triangoli in vari toni di grigio. Incorpora anche le tracce delle volte a stella che prima poggiavano su quel muro. Richiama un concetto che ho sempre cercato di esprimere perchè sento mi appartenga: la suggestiva, bellissima e conflittuale convivenza tra natura e realtà digitale della quale l'uomo è dimora.
Ma è stato difficile scegliere soprattutto quando ho visto, pochi giorni fa, i 2alas mentre riproducevano su un muro una foto con una pazzesca tecnica di sovrapposizioni, o quando ho assistito all'ultimazione del lavoro di Gola. E il deposito di petroli abbandonato è sconvolgente (noi di Pil l'abbiamo visto sia in piena controra estiva che di notte con un temporale che si avvicinava).

Insomma, l'invito è di guardarsi la mappa degli interventi su www.viavaiproject.com (da qualche giorno si sono estesi anche a Casarano) e di andare a vederli tutti, di lasciarsi reagire un po' di fronte ad essi e nel mezzo della nostra considerazione di luogo.
Noi vi terremo aggiornati sulle prossime gesta di Viavai, intanto vi lasciamo i loro contatti: se non per beccarli e confessargli il vostro amore, almeno per aggiudicarvi una delle t-shirt che hanno stampato per l'occasione.

Pagina fb viavai

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(*) "Lotus" n. 153, all'interno dell'articolo Street Survival di Nina Bassoli e Gaya Andreuzzi

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