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Intervista alla gloriosa Band Bunker Club

Diverse novità in vista per la band post-punk

Di Benito Antonio Carrozza

Dopo aver ascoltato, e apprezzato, il loro primo album "Musica per Cefalopodi e Colombi Selvatici" diverse questioni hanno attanagliato la mia debole mente, e grazie alla disponibilità della Band Bunker Club tutta, sono riuscito ad estorcere loro (nello specifico a Francesco Casabianca, voce e chitarra) le relative risposte, fatene buon uso brava gente.

Benito Antonio Carrozza: La prima domanda non può non essere legata al vostro nome: perché Band Bunker Club? Abbiamo cercato di capirlo dalla bio ma siamo più confusi di prima!

Francesco Casabianca:  Il bunker è stato un luogo fisico sperso nella campagna astigiana dove per anni i membri originari della band – anche prima che questa esistesse – si incontravano insieme a pochi altri amici per bere qualche lattina di birra e fare il punto della situazione, dove per situazione si intende soprattutto la meraviglia di essere compagni di viaggio. Dal bunker, le nostre idee coprivano le distanze dell’universo intero, ma il mondo restava fuori dal bunker, senza saperlo eravamo un club, molto elitario. Noi esistevamo, il mondo no.

 

B: Idem per significato dietro al titolo del vostro primo album “Musica per Cefalopodi e Colombi Selvatici”...

F: Forse ha ragione Manlio Sgalambro là dove ha scritto che “la musica si prepara a essere per altri, non per l’uomo. Forse prepariamo la musica per altre specie”. Chiedersi chi siano i cefalopodi e i colombi selvatici è tutt’altro che marginale.

 

B: Nei live abbiamo notato l’assenza del batterista sostituito con l’utilizzo (immagino) di una drum-machine, come mai questa scelta? In studio vi siete comportati ugualmente?

F: Questa della batteria è un po’ la nostra croce! Nel disco alcune batterie sono “vere”, altre virtuali. In realtà il nostro batterista ha avuto una crisi musicale-esistenziale subito dopo l’uscita del disco, che lo ha portato a lasciare tutte le sue band. Nessuno di noi era un esperto programmatore e in effetti ci siamo trovati un po’ allo sbando. Ma i componenti della Band Bunker Club sono soldati, e combattono con le armi che hanno a disposizione in quel momento ;) Ora per fortuna abbiamo imparato qualcosa in più, e inoltre un amico si è generosamente offerto di riprogrammarci le batterie per i prossimi live.

 

B: L’esistenzialismo permea per intero l’atmosfera dell’ album, i testi però sono scritti a 4 mani (con Ermanno Morando, ndr), come si può coniugare una tematica così individuale con la collaborazione nella scrittura delle liriche?

F: Ermanno è un amico di sempre, ex membro della band, fratello di Elisabetta (la bassista) e vecchio frequentatore del bunker, proprio il luogo in cui a volte abbiamo creduto di poter superare la dimensione individuale. Abbiamo opinioni spesso molto diverse, ma anche un’esistenza che ci lega. E soprattutto rivendichiamo entrambi il sacrosanto diritto alla cazzata: l’opinione degli altri, sotto questo aspetto, non ci intimidisce.

 

B: Avete deciso sin da subito di inserire nella vostra line-up la figura della danzatrice (Irene Icardi, ndr)? Da cosa è nata questa esigenza di unire queste due forme d’arte? Non pensate che la sua presenza possa “distrarre” il pubblico dall’ascolto attento della vostra proposta musicale?

F: Irene è una ballerina di danza classica e contemporanea. È l’ultima arrivata nel bunker, ma aveva già danzato nei live di Umberto Negri (CCCP Fedeli alla linea), che io accompagnavo alla chitarra e al synth. A mio parere quel live funzionava molto bene anche per la sua presenza sul palco, la danza dava movimento al tutto e non faceva rimpiangere di non avere la batteria acustica. E così l’abbiamo voluta anche nella BBC.

 

B: Come è nata e cosa vi ha insegnato l’esperienza fatta con il grande bassista degli ex CCCP Umberto Negri, e in generale nella condivisione del palco di gruppi come Diaframma ecc?

F: È stato un incontro piuttosto casuale, reso possibile dal fatto che vive a Torino e che proprio in quel momento stava iniziando a fare delle presentazioni del suo libro “Io e i CCCP”. Le presentazioni si sono trasformate sempre più in veri e propri concerti, che dopo un po’ di rodaggio erano diventati davvero molto soddisfacenti per tutti. Per quanto riguarda i Diaframma, come tanti altri gruppi in giro per l’Italia avevamo aperto  un loro concerto ad Asti, e insomma tra l’esperienza con Umberto e quella apertura ci sembrava di toccare con mano i nostri miti musicali. In modo un po’ adolescenziale, prima dell’uscita del disco nella nostro bio mettevamo praticamente solo questo: abbiamo toccato con mano i nostri miti :D

 

B: Le scelta che avete fatto per il primo video (Il Giorno che Tutto Cambierà) ci ha spiazzato perché, a nostro parere, è la canzone meno rappresentativa e meno post-punk del vostro album, come mai avete deciso in questo senso?

F: Sì è proprio così, e probabilmente l’abbiamo scelta proprio per questo motivo.

 

B: Questa è una domanda che poniamo spesso nelle nostre interviste perché ci dà un po’ il quadro di quello che è lo scenario della musica più o meno indipendente in Italia: quali sono, secondo la vostra esperienza, le maggiori difficoltà che riscontrano i gruppi in Italia per riuscire, non dico ad emergere, ma quantomeno a suonare? Avete notato differenze particolari nelle vostre esperienze all’estero (ho letto di Berlino)?

F: Difficoltà ce ne sono sempre in tutte le cose, noi cerchiamo di crescere un po’ alla volta e di ritagliarci il nostro spazio vitale, possibilmente divertendoci. Dell’esperienza berlinese, o meglio di quel particolare club berlinese, ricordo una straordinaria curiosità nelle persone che sono venute al concerto, una grande voglia di capire, di entrare nello spirito del progetto pur senza averne mai sentito parlare prima.

 

B: Quali sono i vostri progetti nel futuro prossimo venturo? C’è qualcosa in lavorazione che ci potete anticipare?

F: A proposito di CCCP abbiamo lavorato a una nostra versione di Curami per una compilation di prossima uscita prodotta da Kollaps nella quale una decina di artisti dell’area torinese reinterpretano i brani di Affinità Divergenze a 30 anni dalla sua uscita. E poi in cantiere ci sono nuovi brani, per quello che sarà il secondo disco della “qui presente”, “gloriosa” Band Bunker Club.

 

La "gloriosa" Band Bunker Club è formata da:

Francesco Casabianca: voce, chitarre
Elisabetta Morando: basso elettrico, cori
Serena Nucara: synth, voce

Irene Icardi: danzatrice

Pagina Facebook: Band Bunker Club

Ascoltali su Spotify: Musica per Cefalopodi e Colombi Selvatici - Band Bunker Club

 

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