Il rosso e il nero - Stendhal
La letteratura come te la potrebbe spiegare uno scaricatore di porto.
Di Filippo Toma
"L'aria malinconica non è di buon gusto; ci vuole l'aria annoiata. Se siete malinconico, è segno che qualcosa vi manca, che non siete riuscito in qualche cosa. È un segno manifesto d'inferiorità. Invece se siete annoiato, è inferiore ciò che ha cercato vanamente di piacervi."
Allora, Il Rosso e il Nero rientra tranquillamente in quei libri che puoi ritrovarti nella libreria di casa e che etichetti pacificamente come "sti cazzi, sto mattone non me lo leggerò mai". Capita tuttavia nella vita che tu possa finire davvero tutte le riviste da leggere in bagno e finalmente cominci a sfogliarlo. Per le prime pagine continui ancora a ripeterti "sti francesi sono negati per ogni forma di arte", poi subito dopo insorge la legittima domanda "ma questo si chiamava davvero Stendhal?".
Stendhal è lo pseudonimo di Marie-Henri Beyle, un tizio francese dell'ottocento che si divertiva ad andarsene in giro per l'europa e sopratutto in Italia, al quale dobbiamo l'omonima sindrome, accomunabile alla "Sindrome del Viaggiatore", ovvero il disagio derivante tra l'idea che si ha riguardo a ciò che si progetta di visitare e il riscontro reale nel momento in cui si vive l'esperienza.
Il Rosso e il Nero è un romanzo di formazione, ovvero cura la maturazione e la crescita morale e sociale del protagonista, nel dettaglio Julien Sorel, figlio di un carpentiere di un paesino di provincia, povero, intelligente, orgogliosissimo e calcolatore. Julien ambisce a raggiungere i vertici della ricchezza e del potere tramite la carriera ecclesiastica (il nero) piuttosto che quella militare (il rosso), mentendo e simulando ipocritamente, disprezzando profondamente i suoi superiori e sfruttando il suo fascino sulle donne. Il tutto è contestualizzato nel periodo post-napoleonico, che lo scrittore descrive intriso di personaggi venali e meschini.
La scalata al potere di Julien comincia come precettore presso il sindaco della cittadina di Verrières, prosegue come seminarista nella città-capoluogo di Besançon, dove Julien diviene amico del potente abate che lo introdurrà presso la corte del marchese de la Mole a Parigi. Qui, nel ruolo di segretario, Julien riesce, grazie ad astuti stratagemmi, a conquistare l'amore della figlia del marchese. E qui mi fermo per non spoilerare il finale.
In ogni momento il protagonista viene amato oppure odiato dagli altri personaggi, anche quando si innamora conserva sempre la freddezza, la diffidenza e non perde di vista quello che è il suo fine ultimo. Su Wikipedia si può leggere un commento di Nietzsche a riguardo nel quale dimostra come tutto il corollario di personaggi che si relazionano con Julien svolga un ruolo tutt'altro che di "comparsa", ma anzi che la penna di Stendhal riesca a descrivere e mettere a nudo la psiche di ognuno di essi.
Forse non è il libro che vi cambierà la vita, ma forse vi farà far pace coi francesi almeno fino ai prossimi europei.
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