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Cinque, la Luna e le Spine

La recensione del disco dei Marta sui Tubi

Di Benito Carrozza

I Marta sui Tubi se fossero degli attori sarebbero dei caratteristi. Il rischio di ogni buon attore caratterista è quello non tanto di legarsi indissolubilmente al personaggio tipico che rappresenta, ma di non rinnovarlo mai, di non farlo vivere, preferendo una stentata sopravvivenza priva di stimoli che si limita a ripetere le buone trovate del passato, o peggio cercando un identità che non potrebbe mai appartenergli.

Questo per i Marta con “Cinque, la Luna e le Spine” non succede. Dopo due album come Sushi&Coca e Carne con gli Occhi, riescono ancora a migliorarsi e ad evolversi pur essendo indiscutibilmente riconoscibili in tutti i loro caratteri distintivi, riescono nel non facile tentativo di far sentire a casa chi li segue da anni, abituati, e bene, dai gentili schiaffi acustici della chitarra di Pipitone, ed ai testi urbani e sincretici di Giulino.

Gli undici pezzi defluiscono uno dietro l’altro suggerendo un atmosfera carica di ossimori, lunatica. Sembrano essere arrivati con una straniante naturalezza ad una sorta di punto di arrivo e, quindi, di partenza.

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