MOBY DICK (cap. LXXVIII- LXXXVI)
Dove Tashtego si mette in guai seri.
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MOBY DICK
(cap. LXXVIII- LXXXVI)
LXXVIII • CISTERNA E SECCHIE
il povero Tashtego, come la secchia gemella che cala in un vero pozzo, piombò a capofitto in quella gran botte di Heidelberg, e scomparve del tutto ai nostri occhi con un orribile gorgoglio oleoso.
e il povero Tashtego seppellito vivo scendeva sempre più giù in fondo al mare. Ma si era appena dileguato il vapore accecante, che una figura nuda con in mano una sciabola d'abbordaggio apparve per un attimo in equilibrio sulla murata. L'istante dopo, un forte tonfo annunciava che il mio coraggioso Queequeg si era tuffato per venire in aiuto del compagno
Queequeg si era tuffato dietro alla testa che sprofondava lentamente, e con la sciabola affilata aveva menato di fianco, vicino al fondo, in maniera da aprirvi un grosso foro; poi, buttando via la sciabola, aveva cacciato tutto il suo lungo braccio dentro e verso l'alto, e così aveva tirato fuori il nostro povero Tashtego per la testa
LXXXV • LA FONTANA
Raramente ho conosciuto un essere profondo che avesse qualcosa da dire a questo mondo, a meno che non fosse costretto a balbettare qualcosa per guadagnarsi da vivere. E fortuna che il mondo sa ascoltare così bene!
E non è prudente affatto per il cacciatore essere troppo curioso riguardo alla natura precisa della sfiatata del mostro, tra i balenieri la sfiatata è ritenuta velenosa, : ho sentito dire, e non stento a crederci, che se il getto vi prende negli occhi vi acceca
La mia ipotesi è questa: il capodoglio è massiccio e profondo. E io sono convinto che dalla testa di tutti gli esseri massicci e profondi, come Platone, Giove, il Diavolo, Pirrone, Dante e così via, si levi sempre un certo vapore semivisibile quando essi stanno pensando profondamente
perché tutti hanno dubbi, molti negano, ma dubitando o negando sono pochi quelli che assieme hanno intuizioni. Dubbi su tutte le cose terrene, e intuizioni di qualche cosa divina; questa combinazione non produce né un credente né un miscredente, ma un uomo che considera il credere e il non credere con occhio uguale.
LXXXVI • LA CODA
nella coda sembra confluire, concentrata in un solo punto, la smisurata forza di tutta la balena. Se la materia potesse venire annientata, questo sarebbe lo strumento adatto.
Né codesta forza stupefacente tende affatto a storpiare la grazia flessuosa dei suoi movimenti, dove una spontaneità infantile va fluttuando nel cuore di una forza titanica
Nel colpire una barca, esso raccoglie rapidamente la coda e il colpo viene inflitto semplicemente col rinculo. E se viene menato nell'aria libera, specie se scende dall'alto, è semplicemente irresistibile. Non ci sono costole d'uomo o di barca che possano reggervi
garbata come una fanciulla, la balena muove con una certa soave lentezza le sue pinne immense da lato a lato sulla superficie del mare, e se appena le capita di avvertire una basetta di marinaio, guai a quel marinaio, basette e tutto. Ma quanta tenerezza in quel tocco preliminare!